1st International Congress on Internet Addiction Disorders

Prepararsi al presente
Milano – Auditorium San Fedele
21 – 22 marzo 2014

Il 21/3/2014 si è tenuto presso l’Auditorium San Fedele di Milano il 1° Convegno Internazionale su “Internet Addiction Disorder” (I.A.D.) organizzato dall’ESC Team, per fare il punto sulle problematiche connesse all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Fra gli ospiti, internazionali e italiani, spiccava il nome di Kimberly Sue Young, un pioniere della materia, che già nel 1996, presentò ad un convegno dell’APA a Toronto dei dati significativi correlati a quella che per prima definì come IAD.

Sono seguiti altri interventi prestigiosi come quelli di Serge Tisseron, docente presso l’Università Diderot di Parigi sul tema “Pratiche patologiche d’Internet: videogiochi e Facebook” e di Young-Sam Koh, psico-sociologo e fondatore dell’organismo governativo della Corea del Sud per la sorveglianza sulla IAD.

Per l’Italia sono state tante le relazioni, fra cui quelle di F. Tonioni, C. Guerreschi, M. Croce, F. Gabrielli, G. Amadei, P. Giovannelli, A. Lucchini, T. Cantelmi, C. Viganò, M. Longo, R. Gatti e, per il nostro Ce.S.Te.P., di Stefano Oliva.

K.S. Young
K.S. Young ha mostrato interessanti dati epidemiologici da cui emerge che lo IAD (diagnosticabile con un test da lei stessa validato nel 1998, lo IADQ e tradotto in molte lingue tra le quali l’italiano) avrebbe una prevalenza dell’ 1,5% in Germania, del 10% circa negli USA e addirittura del 30% in Corea del Sud, dove la rete e la connettività è assai più diffusa e utilizzata. Ha inoltre ribadito che la diagnosi di IAD non può essere basata solamente sul tempo passato a navigare in Internet, ma dev’essere soprattutto basata sulle modalità di utilizzo e sull’invasione nella vita reale da parte della vita virtuale.

Per quanto riguarda l’approccio terapeutico, la Young privilegia un’impostazione cognitivo-comportamentale, la CBT-IA (2011-2013), articolata in tre fasi (Modificazione comportamentale, Ristrutturazione cognitiva e Terapia delle problematiche interconnesse).

Come in tutte le dipendenze, particolare attenzione è stata data ai fattori di rischio, soprattutto alle caratteristiche di personalità, allo stress, alla noia, alla solitudine, alle condizioni psichiatriche sottostanti, alle altre dipendenze, allo scarso controllo degli impulsi e allo stimolo sociale.

Tisseron
La relazione è terminata con un accattivante slogan che è apparso quanto mai adatto a “fotografare” una situazione attuale: “abituarsi a fare meno selfie”, per raccomandare la prevenzione per la IAD nel campo delle relazioni sociali, negli affetti e nella condivisione.

L’intervento di Tisseron ha voluto sottolineare con decisione che negli adolescenti non è possibile diagnosticare una dipendenza da Internet, perché non hanno ancora una struttura solidificata per il controllo degli impulsi e ciò potrebbe portare soprattutto a comportamenti di abuso, che possono poi scomparire con la maturazione. Ha tuttavia affermato che, in questo caso, rinunciare al termine addiction non significa che non ci debba essere un problema… Internet diventa un problema quando scatena conseguenze negative (disturbi del sonno, dell’alimentazione, del peso, assenteismo lavorativo o scolare, ritiro sociale, riduzione di altre attività, problemi intrafamigliari). Ha infine sottolineato come, fino ad un certo livello d’uso, Internet arricchisce la vita ma, superato quel limite, la impoverisce drasticamente.

Dr Koh
Sul piano della prevenzione e delle cure, ha parlato degli interventi che si stanno sviluppando in Francia per le problematiche connesse alle nuove tecnologie e che prevedono: coinvolgimento dei famigliari, terapie individuali, terapie di gruppo e programmi di sensibilizzazione attuati sin dalla tenera età.

Il dr Koh ha illustrato le esperienze che da alcuni anni si stanno facendo nel suo paese, la Corea del Sud, dove opera un’organizzazione governativa, che egli stesso ha contribuito a costituire (il National Response System) e che ha il compito di monitorare il fenomeno IAD e organizzare interventi terapeutici e di counselling. L’attuazione di questi programmi di prevenzione ha permesso, negli ultimi anni, una progressiva riduzione della prevalenza dello IAD, che rimane tuttavia ai livelli più alti del mondo. L’approccio terapeutico prevede una diagnosi precoce con counselling ad hoc sui bambini a rischio, sugli adolescenti che manifestano difficoltà di controllo e sugli adulti che hanno già manifestato il problema.

dr Stefano Oliva
L’importante tema delle strategie di intervento è stato ripreso e sviluppato dal dr Stefano Oliva, psichiatra e terapeuta del Ce.S.Te.P. (Centro per lo Studio e la Terapia delle Psicopatologie).

Il Centro, che dal 1984 si occupa di dipendenze da sostanze e da comportamento, negli ultimi anni si occupa attivamente delle “Nuove Dipendenze”, in particolare del Gioco d’Azzardo Patologico e dell’Internet Addiction Disorder nei due aspetti costitutivi dell’Abuso e della Dipendenza da alcune delle attività che l’uso della Rete consente.

Ce.S.Te.P.
Il focus clinico è stato posto soprattutto sull’efficacia della terapia di gruppo che ormai è diventata un intervento centrale nella cura delle dipendenze (sia da sostanze che da comportamento) e che dovrebbe sempre essere considerata una risorsa fondamentale da erogare ai pazienti all’interno dei programmi di intervento multimodale.

La psicoterapia, e in particolare quella di gruppo, rappresenta il luogo dove il cambiamento risulta possibile. Non un cambiamento solo formale e di superficie, bensì un vero e proprio aggiornamento del sistema, che consenta di ridurre in maniera significativa gli errori di quel sistema (cioè le predisposizioni allo sviluppo di una dipendenza e alla ricaduta nella stessa).

Si è ricordato come le neuroscienze abbiano confermato l’osservazione grazie alla quale la comunicazione verbale e la vicinanza con l’altro, soprattutto se l’incontro è significativo e si esprime attraverso l’empatia e un forte legame emozionale, può modificare la forza stessa delle vie neurali e dei contatti sinaptici. P. Flores sostiene infatti con forza che “l’esperienza che scolpisce maggiormente il cervello non sono le sostanze chimiche, ma le relazioni”.

Dello stesso tenore sono le affermazioni di Siegel per il quale “vi sono oramai evidenze scientifiche che confermano il sogno di ogni psicoterapeuta. La psicoterapia non trasforma solo la mente, ma modifica il cervello”.

E’ chiaro che per ottenere un tale risultato è necessario un lavoro specifico e un sufficiente lasso di tempo, durante il quale la motivazione alla cura e l’astinenza dal circolo vizioso dell’addiction devono essere mantenute.

L’intervento psicoterapico, individuale e di gruppo, che il Ce.S.Te.P. da anni porta avanti sulla strada dell’intervento mirato sulla base della multidisciplinarietà e multimodalità, viene attuato con un approccio teorico-clinico integrato utilizzando, in modo consapevole e mirato, le diverse teorizzazioni e tecniche derivanti da scuole di pensiero diverse. Le modalità del funzionamento mentale sono tante e le prospettive di studio sono anch’esse molteplici. Questo, lungi dall’essere un limite, diventa una risorsa che permette di coprire nel modo più ampio possibile, gli aspetti relazionali e psicodinamici accanto a quelli cognitivo-comportamentali.

Possiamo pertanto convenire che il convegno è stato un’occasione importante di confronto e approfondimento sulla tematica delle dipendenze comportamentali in particolare di quella emergente, la Dipendenza da Internet. E’ quest’ultima una patologia (o un di un insieme di patologie) che necessita senza dubbio di ulteriori approfondimenti ed esperienze cliniche al fine di prevenire e curare un fenomeno che, come ci ricordano le sopracitate esperienze statunitensi e asiatiche, nei prossimi anni sarà inevitabilmente sempre più diffuso e problematico anche alle nostre latitudini.