Gustav Klimt: Milano, Palazzo Reale

Titolo più azzeccato non si poteva associare ad uno degli artisti più geniali del secolo scorso, per una storia narrata, in questa intelligente ed accurata edizione milanese, che copre l’intero arco che va dalle prime esperienze dell’artista alla piena espressione della sua inimitabile Arte.

L’intelligenza del progetto la troviamo già nella scelta di “organizzare” una visione diversa della storia umana e professionale di Klimt: le sue radici.

La grande retrospettiva viennese del 2012, allestita con 40 oli (quindi già piuttosto esaustiva, visto che sono solo 100 al mondo i dipinti e gli affreschi del maestro) dava conto della formazione, dello sviluppo e, sopratutto, dell’apice della sua carriera artistica. Una reiterazione delle precedenti mosse avrebbe costituito un’ insulsa pretesa, una copia (impossibile) e ne avrebbe inficiato la portanza già in clima di ideazione del progetto espositivo.

L’originalità dell’esposizione consiste nel proporre alcuni aspetti, talora sottovalutati dalla critica klimtiana, come sono gli anni dell’apprendistato artistico, improntato alla pittura storicistica di un grande maestro come Hans Makart.

Hans MakartHans Makart

Così come l’esposizione evidenzia l’amore per la manualità artigianale e per la preziosità dei materiali (acquisito dal padre), il legame artistico con i fratelli, Ernst e Georg, la fondazione di un autonomo sodalizio artistico, le prime commissioni pubbliche, senza tralasciare, naturalmente, la “Secessione Viennese” e alcune vette artistiche raggiunte dal Klimt maturo, fino alle ultime opere incompiute.

Ed ecco nascere la versione italiana, forse l’ultima nel contesto delle mostre dedicate a Klimt, che fa leva più sulla vicenda storica e formativa dell’artista che su una ripetizione, in tono minore, della più “ricca” esposizione viennese.

Le origini ricostruite del mito klimtiano servono a capire i fondamenti, le basi e i contesti dai quali prese avvio e si sviluppò la poliedrica personalità di Gustav che voleva essere un artista completo, intriso della grande e secolare cultura artistica precedente, non solo austriaca e germanica, un artista che avrebbe detto “cose nuove e bene”.

La novità del percorso espositivo è data dall’originale allestimento che integra i venti oli, alcuni freschissimi d’esportazione, con tematiche, oggetti, testimonianze e opere inseriti nel contesto di quell’ “arte totale” che fu la massima aspirazione degli artisti della Secessione Viennese. In tal modo, il visitatore si troverà immerso, sulle note della Nona sinfonia di Beethoven, nella sala perfettamente ricostruita che ospitò nel 1902, all’interno del palazzo della Secessione, il celebre Fregio di Beethoven.

Gustav Klimt: Fregio di BeethovenFregio di Beethoven

Nell’ambito dell’indagine sui rapporti familiari e affettivi di Klimt, l’esplorazione parte dagli inizi della sua carriera alla Scuola di Arti Applicate di Vienna, dalla sua grande passione per il teatro e la musica, fino ai suoi esordi di decoratore di monumentali edifici di rappresentanza lungo il Ring Viennese che vanno considerati come gli indispensabili presupposti alla sua evoluzione verso la modernità.

E’ proprio in quel romanzo di formazione che vanno ricercati i segni premonitori, gli influssi artistici, il contesto culturale, dai quali emerse l’inconfondibile sua arte. Un esercizio indispensabile espresso in una delle sue rarissime dichiarazioni, invitava chi voleva saperne di più su di lui come artista, a “osservare attentamente” i suoi dipinti e a “cercare di rintracciare in essi chi sono e che cosa voglio”.

Proprio in questo periodo cominciano ad emergere alcuni tratti ricorrenti della sua arte: l’interesse per la figura femminile, il ricco decorativismo, alimentato dai soggiorni a Venezia e a Ravenna. Ma anche la precisione nella riproduzione “alla bizantina”, già coltivata in giovinezza sull’esempio del padre orafo che gli fornisce insegnamenti sulle pietre preziose, sulle gemme e sulle leghe d’oro e d’argento che porteranno Gustav a usare sempre materiali veri.

Franz MatschFranz Matsch

E qui sorge la prima novità. Pochi sanno, infatti, che la Compagnia degli Artisti, costituita nel 1881 da Gustav, da Franz Matsch e da Ernst, fratello minore di Gustav, fu attiva per quasi dodici anni, distinguendosi soprattutto nella decorazione pittorica di edifici pubblici, specialmente di teatri. A tali incarichi si dovette anche il successo di questa società di pittori e, in particolare, di Gustav, sulla scena artistica viennese.

Incantati da alcuni dei capolavori più noti del maestro austriaco, da “Adamo ed Eva” alla “Famiglia” (tela simbolista a tutti gli effetti), dal “Girasole” (il “ritratto” di un singolo girasole dal fogliame di migliaia di puntini d’oro), a “Fuochi fatui” (altra testimonianza simbolista). E ancora da “Acqua in movimento” (e già il titolo è tutto un programma) a “Salome’” (icona superstar, donna-mito per eccellenza dalla chioma e dal perfetto maquillage alla moda e dal gustoso e vistoso flash del neo sulla guancia!), non possiamo tralasciare i misconosciuti paesaggi evocativi come “Dopo la pioggia” o “Mucche nella stalla”.

La mostra si apre con i dipinti relativi al contesto familiare: accanto a opere dei fratelli Ernst e Georg, sono esposti anche ritratti giovanili eseguiti da Gustav a membri della sua famiglia, insieme a fotografie originali e documenti personali, provenienti dal lascito dell’artista, relativi alla sua vita e a quella della sua colta famiglia,.

Gustav Klimt: SalomèSalomè

La seconda parte della mostra è dedicata all’apprendistato dei fratelli Klimt presso la Scuola d’Arte Viennese, nell’ambito della quale fondarono, insiema a Franz Matsch, la “Compagnia degli Artisti”. Le opere presenti illustrano, pertanto, la formazione di Klimt pittore storicista e il suo rapporto con l’arte del suo maestro Hanz Makart. Un ampio spazio è dedicato a questo periodo creativo conclusosi alla morte dell’amato fratello Ernst nel dicembre 1892.

E’ qui che dobbiamo toccare un aspetto dolentissimo della psicologia klimtiana che si risolverà, come abbiamo già osservato precedentemente in Munch, “con” e “per” l’arte.

La crisi di Gustav dopo la morte precoce del fratello Ernst, che seguì quella del padre, e lo scioglimento della Compagnia si situa nel contesto stesso della crisi dell’arte Viennese e sfocerà nella fondazione della Secessione e nella piena guarigione del maestro.

Tre furono i lunghi anni della depressione klimtiana, connotati da un blocco quasi totale della sua attività. Sul piano artistico era arrivato al punto da non riuscire più ad individuare quale strada prendere nè ad avere una meta. In conseguenza di questo calo di energia creativa, nell’anno 1883 il catalogo dei dipinti di Klimt presenta solo il completamento della decorazione della platea del teatro del conte Esterhàzy de Galantha nella cittadina ungherese di Totis (oggi Tata Tòvaros) e due poco significativi ritratti su commissione, forse da fotografia. Fu l’amico Carl Moll a salvarlo con l’idea di partecipare alla nuova associazione per uscire non solo da se stesso, ma dagli stessi confini austriaci, invitando gli artisti stranieri a portare le loro novità e a “mescolare” per la prima volta in modo sistematico, le Arti.

Ognuno, d’ora in poi, lavora dentro all’esposizione: il risultato sarà un’opera corale, mai vista prima. Il grande avvio sarà nel 1902 con la mostra dedicata a Beethoven, in cui si affermerà il concetto che l’Arte (e non solo la pittura) ha validità solo se acquista un senso. Pertanto la scelta delle opere esposte, appartenenti alla prima fase della Secessione, diventa testimonianza del rifiuto definitivo della tradizione storicistica e del successivo passaggio all’avanguardia internazionale, sul piano operativo e professionale, degli artisti coinvolti. Allo stesso tempo va a coincidere con il rigetto da parte di Klimt della sua apatia creativa e con il suo rinnovamento interiore, realizzato attraverso quella “rottura costruttiva” che sta alla radice dello slancio creativo suo e dei suoi amici.

Ancora una volta è l’Arte a guarire l’artista facendolo riappacificare con le proprie origini. Cambio di vita e di stile andranno di pari passo.

Un’attenzione particolare va riservata alla sala dei paesaggi perché ci offre una rassegna sul paesaggismo austriaco del tempo, dalle prime tendenze impressionistiche di fine Ottocento alle prove secessionistiche di Carl Moll e di Koloman Moser, che ci chiarirà le idee su un aspetto pochissimo noto (da noi) del contesto in cui si nutrì l’arte paesaggistica a cavallo tra i due secoli e il genere prediletto dallo stesso Klimt parallelamente a quello del ritratto.

Koloman Moser Carl Moll (autoritratto)
Koloman Moser Carl Moll (autoritratto)

Il tema merita una riflessione giacché l’importanza dei paesaggi di Klimt è stata riconosciuta relativamente tardi, sebbene le quasi 60 opere, che l’artista realizzò tra il 1898 e il 1917, costituiscano quasi la metà della sua intera produzione di quel periodo.

Il GirasoleIl Girasole

A questo proposito, non posso non soffermarmi su quello che ritengo il più strepitoso dipinto esposto alla mostra: il Girasole del 1907, sicuramente la più importante raffigurazione klimtiana di un motivo paesaggistico.

L’opera è presentata in forma di piedistallo vegetale disseminato di fiori variopinti e collocato come su un trono. Il girasole spicca sul mosaico che gli fa da sfondo, acquisendo così il significato di individualità autonoma attribuitagli dall’artista. Illuminante il commento critico di Ludwig Havesi: “Un semplice girasole, che Klimt pianta al centro di un rigoglio di fiori, sta davanti a noi come una fata innamorata…. Il volto del girasole, così misteriosamente cupo nella sua corona di luminosi raggi dorati, ha per il pittore qualcosa di mistico, si potrebbe dire di cosmico… Accadono cose nuove in natura… non appena interviene Klimt”.

Invero la Natura in senso klimtiano comincia ora a sviluppare una vita propria. In questo c’è una sostanziale differenza rispetto alle raffigurazioni di girasoli di Vincent Van Gogh, che pure furono una fonte d’ispirazione per Klimt. Al pittore olandese interessava, soprattutto, annotare gli influssi esterni che agiscono sui fiori modificandone l’aspetto, influssi del tutto assenti nel Girasole klimtiano.

Emilie FlogeEmilie Floge

In Klimt la Natura diventa autonoma, sviluppando un ordinamento gerarchico completamente nuovo e autoprotettivo. Non a torto, in proposito, si è pensato a qualità tipicamente umane. Facendo riferimento a una delle foto di moda scattate nella stessa estate del 1907 da Klimt e dai suoi amici nel giardino della casa dell’ospite, è possibile collegare il Girasole alla figura di Emilie Flòge, amica e parente dei proprietari. La rappresentazione, in sè conchiusa, di quel fiore bello ma solitario, corrisponderebbe alla relazione, mai ben precisata, tra Klimt ed Emilie: anche lei è sola, riservata e ammirata da tutti. L’immagine klimtiana del Girasole vide la luce all’apice del “periodo d’oro” dell’artista, perciò non sorprende che la superficie del dipinto sia interamente cosparsa di punti d’oro dipinti uno ad uno.

L’ultima sorpresa della mostra sull’uomo Klimt, seducente seduttore, consiste nell’esposizione di alcune lettere d’amore, scoperte in tempi recenti e scritte a una delle sue più famose amiche, proprio quella Emilie Flòge del Girasole. Sono lettere che gettano luce sull’intimità della sua vita amorosa e non solo su quella. Non dimentichiamo infatti che una delle fonti d’ispirazione più potenti della sua vena artistica furono proprio le numerose relazioni d’amore che Klimt intrattenne nel corso di tutta la sua vita.

Milano 14-04-2014

Patrizia Caretto