Anziani e alcol

Uno dei cambiamenti più significativi che hanno modificato l’assetto delle società occidentali nel corso dell’ultimo secolo è stato l’aumento progressivo della longevità e, di conseguenza, l’aumento della popolazione anziana, che sta quindi diventando sempre più rilevante anche ai fini delle politiche sanitarie.

E’ noto che i problemi di alcol colpiscono ogni fascia di età e quindi le persone anziane ne sono anch’esse colpite. Anzi, per certi versi, sono una popolazione particolarmente a rischio, in quanto portatori di specifiche vulnerabilità.

Sappiamo infatti che, col passare degli anni e con l’invecchiamento nell’organismo si verificano importanti modificazioni:

  1. aumento del grasso corporeo e diminuzione della massa magra
  2. riduzione della quantità d’acqua presente nell’organismo
  3. ridotto funzionamento degli organi che metabolizzano ed eliminano l’alcol (soprattutto fegato e rene)
  4. Malnutrizione e carenze vitaminiche
  5. Patologie croniche
  6. Uso di farmaci

A causa di queste nuove condizioni, l’alcol diventa un importante fattore di rischio perché le modificazioni indotte dall’età fanno sì che nell’anziano la concentrazione di alcol nel sangue, a parità di quantità assunte, aumenti in modo molto più netto di quanto avveniva nella stessa persona qualche anno prima.

Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altre organizzazioni che tutelano la salute come l’Istituto Nazionale per la Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), raccomandano alle persone dai 65 anni in su di non superare la quantità di 12 grammi di alcol al giorno vale a dire la quantità contenuta in:

  1. 330 ml di birra (una lattina),
  2. 125 ml di vino di media gradazione (un bicchiere) e
  3. 40 ml di un bicchierino di superalcolico.

Questa quantità è stata definita Unità Alcolica (U.I.) per avere un punto di riferimento valido per tutti.

L’Abuso

Abusare di alcolici non significa necessariamente assumerne grandi quantità. Anche quantità che fino a qualche tempo prima non creavano problemi, da un certo punto in poi possono diventare pericolose a causa delle problematiche fisiche che arrivano con l’invecchiamento.

In questo caso parliamo di Abuso, che diventa sinonimo di Bere Problematico, Alcolismo o Alcolopatia, e riserviamo al termine di Alcodipendenza quelle modalità che presentano compulsione, impossibilità di smettere, sindrome di astinenza (secondo i criteri del DSM).

Per Bere “normale” o “sociale” intendiamo invece una modalità di bere assolutamente senza problemi.

Purtroppo un certo numero di anziani non consuma alcolici entro i limiti di sicurezza e si trova quindi in condizioni di rischio.

Una statistica dell’ ISTISAN (Istituto Superiore di Sanità), fatta nel 2010 ha mostrato che gli anziani “giovani” (65-74 anni) che avevano comportamenti a rischio erano circa 1.900.000.

Nella fascia di “anziani vecchi” (ultra 85enni) il numero ovviamente era minore ma si aggirava pur sempre intorno alle 188.000 persone a rischio.

In entrambi i gruppi di età c’era una prevalenza della popolazione maschile su quella femminile.

La bevanda alcolica più consumata era il vino, seguito da amari, birra e, in percentuale molto minore, superalcolici.

Inizio dell’Abuso

Il periodo di esordio del bere problematico ci permette di distinguere fra gli anziani due categorie di bevitori:

  1. Alcolisti precoci (Early-onset drinkers). Persone che hanno iniziato a bere in età giovanile o adulta e che hanno poi mantenuto le modalità disfunzionali anche nella tarda età. In questa categoria sono compresi anche soggetti con problemi di Dipendenza alcolica.
  2. Alcolisti tardivi (Late-onset drinkers). Persone che hanno invece iniziato a bere in modo problematico solo in età avanzata. In questa fascia di bevitori è facile trovare situazioni psico-sociali difficili o traumatiche, che hanno favorito il primo contatto con l’alcol, usato spesso come via di fuga o di conforto per far fronte a problemi della vita.

Conseguenze dell’Abuso alcolico nell’anziano

A causa della diminuita capacità di metabolizzare l’alcol da parte dell’organismo dell’anziano, gli effetti tossici aumentano notevolmente e si verificano conseguenze patologiche a vari livelli (fisico, psichico e sociale).

  1. Malattie epatiche e gastroenterologiche
  2. Tumori
  3. Patologie cardiovascolari (ipertensione, miocardiopatia, aritmie)
  4. Diabete
  5. Atrofie cerebrali e polineuropatie
  6. Crisi convulsive
  7. Malassorbimento
  8. Traumi e fratture (aumentano i rischi di cadute)
  9. Interazione con farmaci frequentemente assunti dall’anziano per varie patologie concomitanti
  10. Invecchiamento accelerato o prematuro
  1. Decadimento psichico
  2. Deficit cognitivi (pensiero astratto, apprendimento, memoria a breve termine, percezione visiva)
  3. Psicosi con allucinazioni e deliri
  4. Depressione, stati d’ansia
  1. Isolamento sociale e affettivo
  2. Perdita di interessi e di occasioni di socializzazione
  3. Diminuzione dell’autostima
  4. Scarsa cura di sé
  5. Drammatica caduta della qualità della vita

Cosa induce gli anziani ad iniziare a bere?

Molte volte, come già dicevamo, l’anziano ha iniziato a bere già molti anni prima e quindi continua con le abitudini e le modalità che ormai caratterizzano da molto tempo il suo stile di vita. A volte, soprattutto nei piccoli centri o nelle realtà della vita di quartiere anche nelle grandi città, bere diventa una modalità per stare con gli altri e far scorrere il tempo.

A volte può essere anche un bere entro limiti contenuti, ma il passare degli anni sposta questi limiti perché l’organismo diventa meno capace di tollerare le stesse quantità che un tempo non procuravano alcun danno.

Altre volte il bere e il successivo abuso iniziano in seguito ad eventi difficili della vita o a situazioni affettive e psicologiche che mettono l’anziano in difficoltà.

Traumi e perdite nell’età avanzata

Lo scorrere del tempo comporta sempre una serie continua di esperienze, ma anche di traumi e di perdite: dei propri familiari, degli amici, della salute, dell’autosufficienza, del ruolo sociale, delle capacità fisiche e psichiche ecc.

Questo pesante fardello culmina con la prospettiva della perdita più grave, quella della stessa vita. Le coppie che arrivano unite fino all’età anziana mantengono di solito legami molto stretti, tanto che la perdita o la separazione tende a scompensare profondamente i vedovi o i separati in ogni aspetto della loro vita. Le conseguenze sono ancora più sentite quando, chi sopravvive, è la persona più dipendente della coppia.

L’insieme delle perdite che si susseguono nel tempo, concentrandosi spesso in pochi anni, obbligano l’anziano a complessi processi di elaborazione e di adattamento.

Con l’invecchiamento i problemi di salute aumentano considerevolmente e le conseguenze delle tante malattie che colpiscono nella terza età costringono molti anziani in condizioni di infermità permanente.

Le migliorate condizioni di vita e i progressi della medicina hanno però fatto aumentare il numero di persone anziane che sopravvivono alle infermità o che riescono a mantenere buone condizioni di salute. In questo caso è possibile una vita serena soprattutto se, insieme alla salute, c’è anche una vita affettiva e sociale soddisfacente. In molti casi, purtroppo, questa maggiore sopravvivenza, anche quando le condizioni fisiche sono buone, è spesso gravata dalla solitudine.

La percentuale di anziani che vivono soli è in continuo aumento a causa dei mutamenti degli stili di vita che hanno profondamente inciso sulla composizione del nucleo familiare.

A volte l’anziano è costretto a subire l’esperienza dolorosa di dover abbandonare la propria casa dopo la perdita del coniuge e di trovarsi proiettato in una realtà estranea, lontano dagli amici, dai familiari e dalle proprie abitudini.

Il distacco e i cambiamenti, a cui è più difficile adattarsi ad una certa età, spingono ad isolarsi e portano pian piano verso una rigidità emozionale che esaspera la tendenza all’isolamento. La solitudine e molti altri fattori stressanti espongono a maggiori rischi di disturbi fisici e psichici che fanno salire la probabilità di ammalarsi.

Una delle conseguenze più comuni del difficile processo di adattamento ai tanti cambiamenti che avvengono con l’invecchiamento, è la difficoltà di riadattare il proprio senso di identità personale.

La perdita del proprio ruolo, che spesso si crea con il pensionamento o con la perdita del coniuge, crea difficoltà che diventano sempre più gravi e più difficili da gestire.

Le perdite cognitive, che aumentano con l’età, rendono ancora più difficile il processo di riadattamento, perché innescano intense reazioni emotive che possono esasperare le “normali” reazioni di ansia e depressione, e dar luogo, a volte, a “vissuti catastrofici”.

Queste condizioni diventano importanti fattori di rischio che possono indurre alcuni anziani a rivolgersi all’alcol in cerca di una sorta di “automedicazione”, cioè di un tentativo di trovare sollievo e conforto alle tante difficoltà. Ma, come sappiamo, la tossicità dell’alcol presto si farà sentire e i problemi, dopo un sollievo iniziale, non faranno che peggiorare aggiungendo ulteriori problemi a quelli già esistenti

Cosa fare? Come aiutare?

Per aiutare una persona anziana ad affrontare le sue difficoltà è bene mettersi in una posizione di ascolto, di comprensione e disponibilità, tenendo sempre ben presente la particolarità dei vissuti e delle reazioni emozionali di una persona in là con gli anni, ma considerando anche le risorse personali e l’esperienza che possono essere un valido aiuto per affrontare situazioni nuove o difficili.

L’anziano va incoraggiato a non isolarsi ma, al contrario, a cercare aiuto e compagnia, mantenendo stretti contatti con parenti o amici, con la chiesa (se è credente) o con gruppi che possano sostenerlo.

Altrettanto utili sono le attività fisiche (passeggiate, gruppi di ginnastica), attività artistiche (disegno, pittura, scrittura, ceramica, bricolage), attività ricreative (cinema, teatro, gite sociali), relazioni sociali e culturali (gruppi di incontro, Università della terza età, visite guidate a musei, lettura e ascolto della musica). L’anziano, grazie a tutte quelle attività che possono stimolarlo fisicamente e intellettivamente, può così evitare il rischio di precipitare nell’isolamento e nello sconforto, traendone giovamento sotto vari aspetti.

La cura della propria persona e della propria salute è un obiettivo di primaria importanza. Godere di una salute sufficientemente buona, dà molta più forza per affrontare i momenti difficili. In caso di difficoltà fisiche o psicologiche persistenti, è opportuno incoraggiare l’anziano a consultare il proprio medico di famiglia, offrendosi anche di accompagnarlo, se lo necessario.

Non sempre le persone in età avanzata possono contare sull’aiuto dei loro familiari, soprattutto nel mondo contemporaneo in cui le famiglie vivono una realtà sempre più frammentata e con l’allentamento dei vincoli parentali. In alcune famiglie, purtroppo, i rapporti non sempre sono ottimali e, a volte, vengono meno il rispetto e l’affetto per i nonni, che vengono considerati un peso da sopportare.

L’aiuto all’anziano da parte di familiari e amici dev’essere prima di tutto un sostegno pratico. Fare in modo che all’anziano non manchi un’alimentazione sana e variata adeguata all’età e allo stato di salute, accompagnarlo dal medico e a sottoporsi agli esami clinici. Oppure sbrigargli piccole incombenze (pagare bollette, ritirare la pensione), fargli le pulizie di casa, fargli la spesa, tenerlo impegnato affidandogli la cura dei nipoti o degli animali domestici o affidandogli piccoli compiti che può svolgere senza difficoltà.

I suoi tempi di reazione e di elaborazione, che sono naturalmente più lenti, vanno rispettati. Diventare invadenti, anche senza volerlo, rischia di ottenere effetti opposti, vanificando l’aiuto che si cerca di offrire. Invece di alleviare la loro condizione si rischia, in questo modo, di avere anziani più dipendenti e arrabbiati. Non bisogna infine trascurare coloro che si prendono cura degli anziani. Possono essere familiari o, come capita sempre più spesso negli ultimi anni, badanti stipendiati. Queste persone svolgono un ruolo delicato, devono quindi essere considerate e seguite in modo particolare ed essere sostenute nel loro compito.

La prevenzione sul piano istituzionale

Oltre che ad un primo livello di rapporti personali e familiari, il lavoro di sostegno e di prevenzione è fondamentale anche a livello istituzionale.

Predisporre programmi educazionali ed assistenziali mirati alle diverse esigenze dell’anziano è senz’altro un sostegno valido e una forma efficace di prevenzione dei fattori di rischio e del precipitare dell’abuso alcolico.

Un progetto di ampia portata è “VINTAGE. Buona Salute nell’Età Anziana”. E’ coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e finanziato dalla Commissione Europea e lo si può consultare all’indirizzo web:www.epicentro.iss.it

La terapia

La terapia dell’alcolismo nell’anziano ricalca, nei suoi aspetti teorici e clinici, quella che si applica anche alle persone più giovani mettendo in primo piano, in questo caso, le caratteristiche specifiche e le necessità che hanno le persone anziane per costruire un approccio terapeutico multimodale e multidisciplinare che prenda in cura vari aspetti del problema e impieghi diversi professionisti della salute per costruire un programma su misura per le necessità della persona anziana alcolista.

Intervista al Dottor Angelo Oliva

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