23 Aprile 2014 – 450° Anniversario della nascita di William Shakespeare

Shakespeare

Il 23 aprile di quest’anno ricorre il 450° Anniversario della nascita di William Shakespeare, incomparabile poeta e drammaturgo.

Cosa possiamo dire di Shakespeare che non sia già stato detto? Niente forse, o forse moltissimo ancora. Le sue opere e il suo pensiero, infatti, continuano ad avere una grande influenza in tanti campi della nostra vita anche a distanza di secoli.

A conferma di questa vitale influenza esce in questi giorni, per i tipi di Longanesi, il volume “Noi che abbiamo l’animo libero”, opera di un genetista, Edoardo Boncinelli e di un filosofo, Giulio Giorello i quali, proprio prendendo spunto da personaggi shakeaspeariani, affrontano temi umani e filosofici di grande portata. Shakespeare non era né un genetista né un filosofo per poterli ispirare, ma era di certo un profondo conoscitore dell’animo umano. La sua grandezza, come afferma Harold Bloom, consiste proprio “nel mettere in parole ciò che significa essere umani”.

Il gruppo che dirigo è composto da psichiatri, medici, psicoterapeuti, il cui compito è quello di curare le malattie che, sappiamo bene, sono dovute a complesse alterazioni di aspetti biologici ed elaborativi del nostro organismo.

Ma coloro che sono ammalati non hanno “solo” alterazioni biologiche, cioè manifestazioni oggettive e oggettivabili, hanno invece quell’espressione di “soggettività” che li porta a provare sofferenza, a “sentire”. Possiedono cioè quella prerogativa che contraddistingue l’essere umano e che è data dalla coscienza di sé e dalla capacità di percepire ed elaborare il proprio sentire in un modo che li rende unici. E’ quell’aspetto che definiamo in modo estensivo come “umano”, che rende particolare e diversa ogni manifestazione della malattia in ciascuno di loro.

Accanto al biologico noi medici ci troviamo di fronte anche (e soprattutto) all’umano, due realtà da noi arbitrariamente separate, ma che sono inscindibilmente legate fra loro.

Invero capiremmo ben poco delle persone che curiamo se non considerassimo nello stesso atto osservativo queste due grandi componenti dell’uomo.

Shakespeare

Non facendolo, non capiremmo appieno la realtà e la complessità dell’oggetto della nostra osservazione e, sul piano operativo, non saremmo neppure buoni medici perché, in mancanza di un’area importante di dati, non ci sarebbe possibile fare una diagnosi corretta e men che mai una terapia corretta. Ci sfuggirebbe sempre qualcosa e in mano ci resterebbe solo una pericolosa e deviante illusione.

Oltre alle conoscenze biologiche e scientifiche, che abbiamo sempre privilegiato, abbiamo bisogno anche di arricchirci di conoscenze sull’umano sentire. Adelfio Cardinale qualche giorno fa sollecitava giustamente dalle pagine del Corriere Salute che “… nel curriculum formativo dei medici e professionisti della sanità vadano inserite le scienze umane o spirituali…” come “… antiche radici che rappresentano il “respiro della mente”…”

Sempre seguendo il ragionare di Cardinale, permetteremmo in questo modo al serpente avvolto in spire simmetriche al bastone di Esculapio di continuare a simbolizzare saggezza e conoscenza per i medici e ad evitare che possa rivolgere i suoi veleni a superficiali menti asfittiche distolte dal “perseguire virtute e conoscenza”.

Le fonti per questo compito sono tante e, fra queste, come possiamo non pensare ad avere come maestro William Shakespeare, profondo conoscitore del “respiro della mente”.

E’ con queste premesse che ci accostiamo a celebrare questo anniversario chiedendo a cultori della materia shakeaspeariana dei contributi per capire e inquadrare questo immenso e multiforme personaggio perché possa continuare ad insegnarci ancora e per molto tempo ancora.

Dottor Michele G. Sforza
Direttore del Ce.S.Te.P.